Eleonora Giovannini ci accompagna lungo una strada tortuosa che è
quella della vita vissuta senza consapevolezza di quanto ci circonda.
Una vita che si ferma all’apparenza, al volto bellissimo di Dorian Gray,
dal quale la Giovannini parte conducendoci per mano alla scoperta di
ciò che non sappiamo vedere di noi e del mondo che ci circonda,
aprendo la strada alla distruzione della nostra verità interiore, della
nostra umanità.
Tra paragoni con la realtà e allegorie, poesia, metafore, citazioni, si
apre davanti al lettore la via per “guarire” e compiere così il cammino
della vita fedele a se stesso.
Nei secoli infedele non è solo un viaggio. È anche una denuncia forte e
coraggiosa verso un sistema che non sa proteggere le persone, la vita,
perché corrotto e corruttore. E qui la parola corrotto ha un senso vasto,
che va oltre il significato oggettivo della parola. La Giovannini vede la
corruzione come uno stato mentale, un modus vivendi, che tocca ogni
lato del sé e, per contro, dell’altro. E’ come un virus letale che penetra
silenzioso nell’anima e se ne appropria negandole la libertà. Denuncia e
monito per chi non ha ancora imparato a scendere nell’abisso del sé
dove si rifugiano il bene e il male, per risalire consapevoli della loro
forza e dei loro limiti e da lì ripartire liberi.
Abbiamo edificato sulla superficie del mondo e di noi stessi
dimenticando che le fondamenta devono essere solide e profonde. La
società nella quale viviamo si posa sul profitto, sull’evanescente, su una
tremenda illusione. L’economia non è più al servizio dell’uomo, è il
contrario. L’abbiamo creata per essere liberi e ci siamo trovati tra le sue
catene perché le abbiamo dato un’anima sottraendola a noi stessi. Ci
siamo trasformati in oggetti, numeri, virgole, nelle sue mani grandi e
impietose. Avere è la parola d’ordine che guida il nostro percorso verso
l’inevitabile fine.
Ciò che manca ancora oggi nonostante l’alto grado di civiltà, è il
sentimento profondo del rispetto per l’altro, al di là dell’utilità. Quello
che fa paura è la sensazione che oggi l’uomo conti meno di ciò che
possiede. Prevalgono l’avidità, la superbia, l’arroganza, la violenza che
dominano sulla capacità di amare, di essere, di dare.
È la cultura della vita sopra ogni cosa che dobbiamo recuperare da quel
terreno che calpestiamo ogni giorno. Una necessità umana, anche lei
utile, ma solo al nostro destino. Ma una volta puntata la bussola verso
la cultura della vita, è possibile mantenere la direzione impostata senza
farsi attrarre da posizioni contrastanti? Sì. Se abbiamo coraggio. La
paura ci protegge e ci difende dai pericoli, ma anche lei, come tutte le
cose del mondo, ha una doppia faccia. Se non riconosciamo la sua
ambivalenza e non impariamo a controllarla, ci diventa nemica.
Siccome guardare i nostri limiti, la nostra ombra, ci spaventa, allora
viviamo in superficie. Cerchiamo godimento e piacere dove non è
troppo faticoso trovarli. Non importa che dentro la confezione ci sia il
vuoto.
Nella verità umana ci sono due volti, due anime: una buona e una
cattiva. Noi questa verità intera la cerchiamo senza volerla trovare,
almeno finché non siamo costretti ad aprire gli occhi sulla morte
violenta, improvvisa. Su una violenza senza pari. Sulla dissoluzione di
tutto ciò che abbiamo fatto dalla nascita alla fine, convinti della nostra
immortalità. Viviamo nella bugia perché è più facile, e solo quando non
c’è più domani ce ne accorgiamo.
Quello che ci vuole dire la Giovannini con questo libro è che non
dobbiamo aspettare lo sguardo finale del nostro volto allo specchio,
dietro al quale c’è un orrido vuoto dal quale siamo inghiottiti senza
possibilità di ritorno. Non è alla fine che dobbiamo guardare l’abisso che
abbiamo creato e lasciato alle nostre spalle incuranti della sua forza
distruttrice. E’ qui il nodo da sciogliere per impedire al nulla di
appropriarsi della nostra anima per renderci automi, numeri, oggetti
privi di valore proprio. Nella consapevolezza che quell’abisso c’è perché
lo abbiamo formato noi stessi passo dopo passo, camminando su un
terreno sdrucciolevole sotto il quale c’è la vita vera. Per raggiungere la
sua essenza, la sua corposità piena, per guardarci allo specchio alla fine
dei nostri giorni e dire: “ho vissuto”, dobbiamo scavare senza sosta in
ogni istante e avere il coraggio di nuotare nel suo mare anche quando
c’è la tempesta, prima che quel mare diventi l’abisso che ci affoga.
Barbara Benedettelli
Attivista , giornalista e autrice Mediaset